Nell'ambito delle attività del progetto VIOLIN, i ricercatori dell’Università degli Studi di Messina hanno utilizzato uno strumento innovativo basato sull’impiego di un “coltello intelligente”, chiamato i-knife, per analizzare numerosi olii extra-vergini di oliva provenienti da diverse regioni d’Italia e ottenuti da differenti varietà di olive pregiate. i-knife nasce dal connubio tra un elettrobisturi e uno spettrometro di massa ad alta risoluzione: il bisturi riscalda l’olio producendo vapori molecolari e lo strumento analizza la composizione di questi vapori e li archivia in un database.
I dati ottenuti sono stati impiegati per la costruzione di un modello statistico utile a riconoscere autonomamente gli olii successivamente analizzati in soli pochi secondi, al fine di riconoscere gli oli DOP e monovarietali Italiani e tutelarne la loro genuinità e qualità.
Il gruppo di ricerca ha recentemente pubblicato un articolo in modalità OPEN ACCESS nella rivista LWT-Food Science and Technology, edita da Elsevier e con Impact Factor 4,006. L'articolo è pubblicato e fruibile al seguente link https://doi.org/10.1016/j.lwt.2020.110715
Il Covid-19 ha determinato un blocco momentaneo del sistema Paese e anche la ricerca, suo malgrado, si è dovuta piegare ai disagi determinati da questo stop delle attività. Anche il progetto di ricerca S.O.S. sostenuto da Ager ha risentito delle conseguenze di quanto accaduto in Italia e, nel caso del team dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, ha dovuto affrontare anche il periodo di quarantena. «Ma ne siamo usciti più forti e pronti di prima per sostenere “anche la caduta di un meteorite” ha affermato il dott. Bernardi.
Molte le attività che si sono dovute bruscamente interrompere, diversi i campioni tempestivamente messi in sicurezza e sui quali si è pronti a ripartire. Oggi, finalmente, stanno riaprendo i laboratori, con accessi contingentati, per il momento alle sole attività “urgenti”.
In una sorta di connessione operativa ma virtuale, lo scorso 8 giugno il partenariato è tornato a riunirsi per riprendere le fila del progetto.
Il monitoraggio realizzato ha permesso di constatare che in molti casi i risultati raggiunti sono andati anche oltre quelle che erano le finalità delle task; è il caso della ricerca sull’innovazione tecnologica dei processi estrattivi che, oltre a verificare nuove metodologie (è stato testato il carbonato di calcio a differenti granulometrie), ha inteso estendere l’indagine sulle rese e sull’impatto ambientale del processo (consumi energetici e di acqua) a seguito dell’utilizzo di decanter innovativi.
L’incontro sulla piattaforma virtuale è stata l’occasione per prendere accordi tra partner scientifici sullo scambio degli ultimi campioni di olive, sansa ed acqua di vegetazione su cui vanno completate le analisi.
“Arriveremo a portare a termine tutto ed anche più di quanto previsto, entro la fine del progetto”, è quanto con ottimismo ha affermato il professor Francesco Caponio dell'Università di Bari, responsabile Scientifico del progetto S.O.S. Importante il risultato sul prototipo di strumento per la determinazione della maturazione delle olive per stabilire in campo l’ottimale epoca di raccolta. Su questo aspetto si punta per le due giornate dimostrative con operatori, che si prevede di organizzare nel mese di ottobre, proprio nell’epoca in cui è importante stabilire quando iniziare con le operazioni di raccolta per ottimizzare le rese ed avere un prodotto di qualità.
Uno studio che getta le basi per trasformare gli scarti di produzione dell'olivicoltura in serbatoi di molecole naturali riutilizzabili per la difesa fitosanitaria delle piante, per una concreta applicazione dell'economia circolare
La coltivazione dell’olivo genera una grande quantità di scarti: la potatura porta all’accumulo di foglie e rami, mentre il processo di estrazione di olio dalle drupe produce sanse ed acque di vegetazione. Queste ultime, in particolare, contengono alte concentrazioni di composti fenolici, che le rendono di difficile smaltimento. Tuttavia, le acque di vegetazione rappresentano una fonte alternativa di composti fenolici da utilizzare in diversi settori produttivi come quello farmaceutico, cosmetico, alimentare ed agronomico. Tra i polifenoli presenti nelle acque di vegetazione l’idrossitirosolo, un composto fenolico a basso peso molecolare, è noto per le sue molteplici proprietà biologiche, come quella antiossidante, antinfiammatoria ed antimicrobica. Sebbene sia presente anche nell’olio di oliva, data la sua idrofilicità confluisce soprattutto negli scarti della lavorazione olearia.
Nel contesto del progetto di ricerca VIOLIN (Valorization of Italian OLive products through INnovative analytical tools), finanziato da Ager (Agroalimentare e Ricerca), dalle acque di vegetazione è stato possibile ottenere un estratto arricchito in idrossitirosolo. Il processo di estrazione ha utilizzato una metodologia brevettata ed ecosostenibile, basata su tecnologie di filtrazione a membrana. La caratterizzazione chimica ha consentito di identificare l’idrossitirosolo come componente principale dell’estratto, ed altri fenoli a basso peso molecolare come componente minoritaria.
L’estratto è stato testato per la sua attività antimicrobica su due patogeni dell’olivo, Pseudomonas savastanoi pv. savastanoi (Pss) ed Agrobacterium tumefaciens (At), che sono responsabili di ingenti perdite di produzione. In particolare, P. savastanoi, l’agente eziologico della rogna dell’olivo, è considerato uno tra i principali patogeni di questa coltura. La sperimentazione pubblicata sulla rivista Natural Product Research (link) ha dimostrato una significativa attività antimicrobica in vitro dell’estratto contro i due batteri testati, in entrambi i casi superiori al solo idrossitirosolo. I risultati suggeriscono quindi un ruolo importante anche delle componenti fenoliche minori, che agiscono in sinergia con l’idrossitirosolo. Se questi dati venissero ulteriormente confermati da una sperimentazione in campo, si potrebbe concretizzate l’ipotesi di una vera applicazione dell’estratto negli uliveti. Il recupero ed il riutilizzo delle acque di vegetazione ha come indubbio valore aggiunto un aumento della sostenibilità dell’intero processo produttivo.
Tale approccio rappresenterebbe un valido esempio per lo sviluppo di strategie innovative di protezione e difesa delle colture agricole. Infatti, prodotti derivanti dagli scarti della trasformazione di una coltura potrebbero essere applicati nella protezione e difesa della coltura stessa, come promosso dai principi dell’economia circolare, che mira a “chiudere il ciclo” dei processi produttivi. L’economia circolare è infatti un modello di sviluppo a circuito chiuso che evita, ove possibile, la produzione di rifiuti. Questi ultimi diventano risorse da recuperare e valorizzare creando dei benefici sia per l’ambiente che per l’economia. Negli ultimi anni i vantaggi relativi a questo approccio sono stati ampiamente dimostrati come mezzo per raggiungere un migliore equilibrio tra economia, ambiente e salute umana.
Gruppo UNITUS VIOLIN
Il 30 gennaio 2020 si è tenuto presso il Polo Scientifico di Sesto Fiorentino il Workshop “COMPETiTiVE: Claims of Olive oil to iMProvE The market ValuE of the product progetto AGER” rivolto sia a operatori del settore che a studenti di vari corsi di laurea dell’Università di Firenze.
I temi affrontati hanno riguardato l’intera filiera, partendo dalla produzione, passando attraverso la tecnologia di trasformazione e gli strumenti di controllo analitico, arrivando ad illustrare i meccanismi alla base degli effetti benefici dell’extravergine. La scaletta dei lavori ha permesso di riassumere efficacemente lo stato di avanzamento del progetto COMPETiTiVE illustrando principalmente i risultati ottenuti presso l’unità di ricerca del C.e.R.A. (Centro Interdipartimentale di Ricerca e Valorizzazione degli Alimenti dell’Università di Firenze) mostrando la forte interdisciplinarietà del progetto e le interazioni fra i vari partner che hanno permesso il raggiungimento di validi risultati.
In particolare, le attività di ricerca del C.e.R.A. condotte all’interno di COMPETiTiVE riguardano la messa a punto di nuovi metodi analitici per determinare i composti fenolici al fine di utilizzare i claim salutistici previsti dall’EFSA (autorità europea per la sicurezza alimentare). Accanto a questo, la definizione di nuove pratiche in campo e in frantoio per preservare la componente fenolica; lo studio degli effetti della torbidità sulle caratteristiche nutrizionali e sensoriali e sulla stabilità nel tempo; e infine le ricerche su nuovi impianti e tecnologie per migliorare rese e qualità degli oli.
Al workshop hanno partecipato numerosi produttori non solo delle aziende coinvolte nel progetto, ma anche esponenti di ANAPOO (Associazione Nazionale Assaggiatori Professionisti Olio di Oliva) e studenti di corsi di laurea in Tecnologie Alimentari, Scienza dell’Alimentazione e Farmacia, mostrando un forte interesse testimoniato dalle numerose domande pervenute ai relatori.
La Prof.ssa Nadia Mulinacci, dell’Università di Firenze e membro del Comitato di Gestione del Ce.R.A. ha introdotto i lavori e presentato i relatori intervenuti. Al termine della prima parte della mattinata è seguito un “olio break” a base di pane Toscano e tre diversi oli extravergini offerti da uno dei produttori co-sostenitori del progetto e che è stato particolarmente apprezzato da tutti i partecipanti. La giornata è proseguita con la seconda sessione dedicata ad aspetti più strettamente analitici. In particolare sono stati illustrati: i risultati di uno studio relativo ai biofenoli e agli aromi condotto su oltre 100 oli; nuovi strumenti analitici per l’adozione degli Health Claim e per l’analisi delle molecole fenoliche e dei volatili degli oli extravergini; i risultati ottenuti studiando anche le cellule epatiche per capire i meccanismi alla base degli effetti salutistici dell’olio extra vergine di oliva di qualità.
Di seguito la scaletta degli interventi, con possibilità di download delle presentazioni
“Un esempio di sostenibilità nella difesa del frutto” Paolo Granchi illustra l’approccio adottato dalla Società Cooperativa fra Produttori Terre dell’Etruria per superare le difficoltà del settore dovute ai sempre più forti e frequenti attacchi parassitari
“Olio e salute: ricerca, innovazione, comunicazione in una partnership pubblico privata virtuosa: il progetto COMPETiTiVE” Filomena Corbo - Università di Bari, illustra come è nato il progetto e la costruzione della partnership
“La stabilità degli oli extravergini di oliva: rischi e opportunità” Bruno Zanoni - Ce.R.A., illustra un nuovo filone di ricerca sugli oli torbidi/velati
“Cos'è la torbidità di un olio? Caratterizzazione chimica, fisica e biologica” Carlotta Breschi - Ce.R.A.
“Cosa accade in conservazione all'olio torbido? Studio delle trasformazioni chimiche e biologiche” Lorenzo Guerrini - Ce.R.A.
“Si può gestire la stabilità di un olio?” Alessandro Parenti - Ce.R.A.
“Il CeRA all’interno di Competitive - Biofenoli, aromi, ultrasuoni e qualità dell’olio extravergine: i risultati di uno studio su oltre 100 oli” Nadia Mulinacci - Ce.R.A., sottolinea l’importanza di utilizzare e combinare nuovi strumenti analitici
“Un nuovo strumento analitico per l’applicazione dell’Health Claim” Maria Bellumori - Ce.R.A., illustra lo sviluppo di un nuovo metodo di idrolisi dei fenoli
“Impatto degli ultrasuoni nella produzione degli oli extravergini” Lorenzo Cecchi - Ce.R.A., illustra i risultati ottenuti dall’analisi delle molecole fenoliche e dei volatili di oli extravergini ottenuti con e senza l’utilizzo di ultrasuoni
“Valorizzazione delle proprietà nutraceutiche e salutistiche di EVOO arricchiti in polifenoli” Carmen Lammi - Università di Milano, presenta i risultati ottenuti lavorando su linee cellulari epatiche a contatto con estratti fenolici per capire i meccanismi alla base degli effetti salutistici dell’olio extra vergine di oliva di qualità
A cura di: Nadia Mulinacci, Ce.R.A.
Le analisi chimiche sui metalli pesanti possono essere fondamentali per tracciare la provenienza degli oli extra vergine di oliva e garantirne la valorizzazione. I ricercatori di VIOLIN ci raccontano i risultati delle loro esperienze.
La determinazione della componente inorganica presente all’interno degli EVOO italiani è importante per garantirne la salubrità e la qualità. Nel corso del progetto VIOLIN si è voluto indagare sulla possibilità che il contenuto di metalli possa fornire un’impronta digitale caratterizzante per olii provenienti da diverse regioni italiane.
L' “Olio di Puglia” è Igp. La Commissione europea ha approvato la domanda d'iscrizione dell'Olio di Puglia nel registro delle Indicazioni Geografiche Protette (IGP), un marchio che viene attribuito ai prodotti (agricoli o alimentari) con qualità e caratteristiche che dipendono dall’origine geografica, dalle varietà coltivate, dalle tecniche colturali e la cui produzione, trasformazione e/o elaborazione avviene in un territorio specifico.
Il comitato scientifico della IGP OLIO DI PUGLIA nasce in seno all’Università di Bari nel 2015, con un team multidisciplinare costituito dalla prof.ssa Maria Lisa Clodoveo, docente di Tecnologie Alimentari presso il Dipartimento Interdisciplinare di Medicina, dal prof. Bernardo De Gennaro, docente di Marketing Agroalimentare e dal prof. Salvatore Camposeo, docente di Arboricoltura presso il Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, una terna di ricercatori del progetto COMPETiTiVE (Claims of Olive oil to iMProvE The markeT ValuE of the product) sostenuto da Ager e le cui finalità sono parte integrante del disciplinare.
L’IGP OLIO di PUGLIA è quindi un prodotto che si colloca nella gamma degli oli extravergini di oliva italiani di alta qualità. Per produrlo è necessario partire da una materia prima, le olive delle cultivar Cellina di Nardò, Cima di Bitonto (o Ogliarola Barese o Garganica), Cima di Melfi, Frantoio, Ogliarola salentina (o Cima di Mola), Coratina, e Peranzana, Favolosa (o Fs-17) e Leccino. Tutte varietà presenti nel Salento già da qualche decennio e che consentiranno alla filiera, a cui è riconducibile il 12% del PIL agricolo, di sopravvivere alla pandemia della Xylella. Ma la materia prima da sola non basta, occorre l’ausilio di pratiche agricole e tecnologiche frutto dell’esperienza degli agricoltori e dei maestri oleari pugliesi, custodi delle tecniche tramandate aperti all’innovazione che sono alla base della qualità del prodotto.
La natura carsica di gran parte del territorio pugliese e condizioni ambientali uniche influenzano le fasi di inolizione e maturazione dei frutti: stress termici ed idrici tipici di un ambiente mediterraneo inducono la sintesi di polifenoli, preziose molecole che fanno bene alla salute e che nei frutti contrastano la produzione di radicali liberi. I biofenoli (maggiori di 250 mg/kg all’atto della certificazione) sono riconoscibili per il loro gusto amaro e piccante e determinano quel valore salutistico che rappresenta una caratteristica qualitativa tipizzante e distintiva dell’IGP “Olio di Puglia”, che si contraddistingue per la freschezza del prodotto sottolineata in etichetta dalle date della campagna di raccolta delle olive, dell’imbottigliamento e confezionamento, che deve avvenire entro il 31 ottobre successivo alla molitura. E solo l’IGP “Olio di Puglia” ha un contenuto di bio-molecole che può superare, senza sforzo, il limite imposto dal claim dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare).
In una filiera da anni in crisi e falcidiata da scandali e frodi, l’IGP OLIO di PUGLIA è un ulteriore strumento di tutela e garanzia per i consumatori che scelgono di premiare olivicoltori e frantoiani che producono rispettando regole, e controlli, stabiliti da un disciplinare. L’IGP è riconoscibile dal logo (foto di copertina) raffigurante un’antica moneta romana che personifica la strada Traiana, simbolo dell’unità regionale e del legame tra la Puglia e la filiera dell’olio.
Maria Lisa Clodoveo – Dipartimento interdisciplinare di Medicina – Università di Bari